Fernanda Pasini


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Dott. GIOVANNI FACCENDA

HANNO SCRITTO

Giovanni Faccenda
Storicio e Critico dell'Arte
Firenze

Dinamiche cubofuturiste di un teatro interiore
di Giovanni Faccenda


«Noi diamo alla forma e al colore il loro significato proprio, per quanto ci è possibile vederlo; nei nostri temi conserviamo la gioia della scoperta, il piacere dell’inatteso; il nostro tema in sé deve essere fonte di interesse.»

Pablo Picasso



Vi sono incontri capaci di sconvolgere il corso autoritario di alcuni destini umani. Se Fernanda Pasini non avesse conosciuto William Tode, adesso quasi certamente saremmo a scrivere di un’artista diversa. La decisiva vicinanza del maestro di Gonzaga, oltre a dischiuderle i più affascinanti versanti della pittura in genere (e di quella ad encausto in particolare), ha reso più solido e rigoroso un impegno espressivo che mostra apprezzabili radici romantiche: propaggini sentimentali capaci di innervare continuamente quello che s’indovina come un colloquiale, incessante rapporto interiore.
In
quella psiche in cui Balla e Picasso per primi, Boccioni, Severini, lo stesso Tode poi, ebbero a trovare stimoli irrinunciabili e dinamiche esistenziali in rapido mutamento, da tempo la pittrice emiliana ha scoperto un oscuro viatico che conduce alle multiformi effervescenze custodite nell’anima. Un cubofuturismo, il suo, strutturato entro l’astratta soggettività di una ricerca prima analitica e poi sintetica.
Più delle
Demoiselles d’Avignon, più del riverbero della grafica pubblicitaria e della poesia di Majakovskij, sembra, infatti, la ricerca divisionista di Balla porsi come riferimento peculiare nell’evoluzione di una pittrice in grado di sintetizzare in raffinate armonie cromatiche quanto, della realtà, arriva a trasporsi in spunti emotivi piuttosto che in percezioni retiniche: un prolungato appuntamento destinato a condensarsi in cromie speculari. Nella struggente rappresentazione di quello che è il suo teatro interiore, ecco, allora, Fernanda Pasini come intimamente sollecitata da profondissime urgenze che proiettano dissimulati riflessi autobiografici all’interno della curata superficie pittorica. Il colore pulsa all’unisono con il movimento del pennello: la tela registra ansie, abbandoni, improvvisi turbamenti.
Se Balla sosteneva che «la semplicità è la base della bellezza», i tagli lineari, i percorsi dinamici che scompongono un’apparenza esistenziale matrigna e colma di disincanto intendono ricondurre a un ordine precostituito cose che appartengono all’umanità da sempre: la creazione, la natura, la musica, l’arte. Temi universali, dinanzi ai quali ogni individuo è chiamato al confronto.
Sono valori, questi, che nelle corde più arcane della pittura di Fernanda Pasini crescono e si fanno largo con corso inarrestabile: la visione di una donna che tiene in mano un libro diventa pretesto d’indagine allo steso modo del curvo andamento di vele gonfiate dal vento in mezzo al mare; l’atleta che lancia il proprio corpo oltre il limite fissato da un’asticella sfida il tempo e i limiti umani nella stessa misura in cui una Ferrari divora un rettilineo, si tuffa ardimentosa in un sorpasso mozzafiato; la pianista che diventa una cosa sola con il suo strumento suggerisce e realizza un’idea di maternità. Cambiano, sollecite, le immagini, ma non le proiezioni endogene e idealistiche di queste.
Dallo studio di autori come Muybridge e Marey, e dagli esperimenti fotodinamici di Bragaglia, Balla raccolse lo spunto per importanti esperimenti pittorici nel campo della rappresentazione del movimento. In opere come
Ritmi del violinista, Bambina che corre sul balcone e Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912), il gesto della mano del violinista, o delle gambe della bambina che corre, o di zampe, coda e guinzaglio del cane, venne reso visivamente attraverso l’espressione simultanea di sequenze temporali successive. Quelle che rinveniamo nel Cavallo di Fernanda Pasini: uno dei dipinti più significativi di questo suo ciclo pittorico cubofuturista.
Gli stessi omaggi – a Balla, Severini, Tode –, che l’artista rivolge con spirito di riconoscenza, testimoniano la legittima ambizione insita nella crescita di una poetica del quotidiano che, pur non tradendo i consueti riferimenti circostanti (vasi, libri, strumenti musicali e figure di musici), ambisce, ora, ad avvicinarsi sempre più ai misteri ancestrali di luce, spazio, moto e tempo.
Ritroveremo senz’altro più avanti Fernanda Pasini con le sue raffinate pitture, opere nelle quali la vita scorre come sullo schermo di un cinema all’aperto i fotogrammi di un film romantico sospeso fra sogno e realtà.

Firenze,
aprile 2006.

Giovanni Faccenda


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